Primavera è il risveglio della Natura, il periodo del ritorno di Proserpina dagli Inferi.
Tutti gli esseri viventi adattano il proprio ciclo vitale alla riproduzione: dalle piante in fiore, al risveglio dal letargo, alla nascita dei piccoli per tante specie animali.
E i funghi non sono da meno! Comincia a rigenerarsi il micelio che ha cumulato “energie” nell’ipogeo dove vive questa fitta rete vitale da cui, già da questo periodo, cominciano a generarsi gli “sporofori”, i portatori di spore, quelli che siamo abituati a chiamare semplicemente “funghi”.
In Primavera i cercatori di funghi mangerecci cominciano a preparare i loro cestini in vimini perché sanno che buoni e gustosi esemplari vengono donati da Madre Natura per allietare qualche momento conviviale.
Il cercatore di funghi sa che la Primavera è la stagione innanzitutto delle “Spugnole” (Morchella esculenta, Morchella conica) ma anche di funghi molto simili a queste come i funghi del genere Verpa. Questi sono funghi epigei spontanei, prativi e stranamente imparentati con i più noti “tartufi”, appartenendo allo stesso phylum, gli Ascomiceti, ossia quelle specie fungine che raccolgono le loro spore in piccoli sacchetti altrimenti detti “aschi”. Il cercatore sa che questi funghi sono pregevolmente apprezzati da chi sa prepararli: così abbina le prime uscite dell’anno con un succulento pranzo/cena al rientro, per dilettarsi in famiglia o con gli amici.
Il 23 Aprile, poi, giorno di San Giorgio, un altro fungo attira gli appassionati a muoversi verso le praterie di altura o al margine di esse in prossimità di rovi di rosaceae: il “Fungo di San Giorgio”, appunto. Noto anche col nome volgare di “Prugnolo” o “Spinaruolo” ma, nelle nostre zone, soprattutto quelle del Matese Sud-Orientale è definito “Virno”. Questo fungo ha la caratteristica di generare, nelle ampie praterie, ampi cerchi ben distinti di erba più alta e più verde nota con il leggendario nome di “Cerchio delle Streghe”; la fantasia popolare, infatti, l’abbinava ad un punto di stazionamento delle Janare. Di fatto esiste un fondato motivo scientifico: i prodotti di digestione (cataboliti) di questi funghi, permettono all’erba di assumere molto azoto libero e di crescere più rigogliosamente dove è sviluppato il micelio. Il nome scientifico di questo fungo si è modificato nel tempo ed oggi, nella nomenclatura ufficiale è definito Calocybe gambosa. Di fatto resta un gustosissimo fungo che, in modo moderato e sapiente, arricchisce tantissimi piatti nella gastronomia appenninica, conferendo gli aromi intensi che sprigiona che, all’atto della raccolta, lo fanno assimilare al profumo del “criscito”, il lievito madre che si impiega per preparare il pane.
Lungo i corsi d’acqua di pianura, poi, l’alternanza delle piogge intense ed i primi tepori, permettono la crescita sul legno morto dei pioppi (ma anche di altre specie di alberi, compreso l’albero di fico) di ottimi funghi, anche coltivabili: i “pioppini” (Cyclocibe aegerita), fungo molto profumato che riesce a creare l’equilibrio naturale nell’ambiente favorendo la decomposizione del legno morto, ma che dà all’uomo cercatore anche il piacere di buoni momenti di convivio.
Ma non troviamo solo funghi buoni da mangiare. Tantissime specie prative, allietate dal tepore primaverile, emergono sui pascoli già frequentati da animali domestici (ovini, bovini), ma anche ruminanti selvatici, di cui si sono nutriti (talvolta involontariamente) nella stagione precedente, disseminando di spore quegli stessi campi. Funghi importantissimi nell’equilibrio dell’ecosistema in quanto favoriscono la decomposizione di escrementi e di altro materiale organico morto in inverno, in componenti più elementari utili per la crescita della vita vegetale nuova, rigenerando le praterie, soprattutto quelle di altura, che permettono di avere nuovi pascoli ed il benessere degli animali brucatori.
La Primavera, insomma, grazie al fondamentale contributo dei funghi, rigenera vita nuova ed un nuovo ciclo vitale.
Sta iniziando, anche micologicamente parlando, un nuovo ciclico periodo di attività all’aria aperta. Siamo tutti pronti!
Articolo di Vincenzo D’Andrea