Sono cose che capitano solo a chi la montagna la vive, intensamente e con rispetto per chi la abita. Natura e uomini.
È questo quello che è capitato a Roberto Fratta, escursionista, rocciatore, speleologo ma soprattutto profondamente amante del suo Matese.
Roberto, socio e consigliere della Associazione “Matese Nostrum” da più di 5 anni contribuisce in modo fattivo alla gestione delle fototrappole allocate in vari punti del Massiccio del Matese (area del Parco Regionale) per un’attività di monitoraggio che “Matese Nostrum” svolge con il Mo.G.A.E. (Monitoraggio e Gestione dell’Agro-Ecosistema) del Dipartimento di Medicina Veterinaria e Produzioni Animali dell’Università di Napoli – Federico II.
Non puoi operare un attento monitoraggio se non conosci intimamente il territorio, in ogni sua sfaccettatura ma soprattutto in ogni stagione.
Prima o poi ti capita di imbatterti in qualcosa che hai immaginato ma, come sempre, accade quando non lo prevedi. Ed allora è bello sentire la testimonianza che viene dalla percezione sensoriale ma soprattutto nasce dal cuore, dalla sensibilità e dalla consapevolezza che quel mondo che viviamo intensamente è un mondo che ci appartiene quando ci integriamo perfettamente in esso.
Ecco il racconto di Roberto…
Come un sogno che si avvera: un incontro, per me, meraviglioso!
È da tanti anni che frequento la montagna, in particolar modo il Matese. Durante un’escursione, mi imbatto faccia a faccia con questa coppia di lupi, incontro mai avvenuto prima se non in maniera meno ravvicinata e sicuramente meno emozionante.
Lontano dalle abitazioni e da qualsiasi altra forma di antropizzazione, sulle creste più elevate del Matese, dopo averli notati a distanza, intenti a percorrere la discesa parallela alla mia, me li ritrovo a pochi metri, circa trenta: occhi negli occhi. Si fermano e mi guardano incuriositi, io pure. Per quanto forte sia l’emozione resto calmo e mi godo il momento memorabile, il gioco di sguardi resta fisso quasi come un dialogo silenzioso. Mi lasciano tempo e modo di immortalare la scena per poi continuare, in assoluta tranquillità, la loro strada: faccio anche io lo stesso.
Questa breve ed intensa esperienza non fa altro che rafforzare la mia già radicata idea: il lupo non è un pericolo, non ha alcun intento minaccioso, non può e non deve essere qualificato come elemento da combattere.
Il racconto è la testimonianza di quanto già si è consapevoli: nessun animale è aggressivo contro l’uomo, soprattutto perché ognuno di loro sa che, nella gerarchia della catena alimentare, l’uomo potrebbe essere decisamente al di sopra. Anche questi predatori volentieri sfuggono da lui, proprio perché sanno che è l’uomo a poter essere nocivo per loro.
Certo, se aggrediti non possono far altro che difendersi! Ma sicuramente è molto più semplice per loro fuggire a gambe elevate.
Rispetto per la casa abitata da questa fauna (grossa e visibile ma anche di quella invisibile e fondamentale per l’ecosistema), dai vegetali che assistono inermi e per quell’uomo che di quella casa con la sua fauna ne fa motivo di vita: tanto quanto il lupo.
L’equilibrio ed il rispetto dovranno sempre essere le parole chiave perché l’uomo possa non temere e non essere temuto.
Dott. Vincenzo D’Andrea