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Provincia: Campobasso
Abitanti: 1818 (al 30/09/19)
Superficie: km2 61,37

Altitudine: m 698 s.l.m.

Il territorio di Sepino (CB) è adagiato su di un colle a 702 metri s.l.m. sulle ultime propaggini nord-orientali del massiccio del Matese ed è circondato da un incantevole paesaggio, ricco di boschi e luoghi ameni, aperto sulla valle del fiume Tammaro. Fa parte del circuito dei “borghi più belli d’Italia”.

Il nome probabilmente deriva dal latino saepire (recingere, recintare) ad indicare l’antico stazzo dove veniva riunito il bestiame durante le notti nei periodi della transumanza.

Nel suo nome è racchiusa una storia strana e millenaria. Nel corso dei secoli, infatti, Sepino ha trovato 3 differenti collocazioni: la città sannitica, la città romana e la città medievale

La città sannitica: Saipins

In epoca sannitica Sepino era una roccaforte posta a 950 metri di altitudine sulla montagna retrostante, detta di “Terravecchia”. Era una posizione strategica in quanto permetteva il controllo dei traffici e dei passaggi tra l’Apulia, la Campania e il Sannio Pentro.

Nel 293 a.C., durante la Terza Guerra Sannitica, truppe romane guidate dal console Papirio assaltarono Saipins. I sanniti combatterono una durissima battaglia che costò, secondo gli storici romani, 7400 morti e 3000 prigionieri. Così Saipins divenne provincia romana.

La possente cinta muraria, lunga circa 1500 metri e in buono stato di conservazione, aveva una forma grosso modo trapezoidale ed era costituita da una doppia cortina terrapienata; quella superiore era arretrata di 3 metri rispetto a quella inferiore. È stata realizzata con grossi massi aggregati senza l’ausilio di leganti e con incastri che indicano una notevole abilità costruttiva. L’andamento è regolare e perfettamente integrato con le scarpate naturali per rafforzare l’opera di difesa.

Al momento sono 3 le porte d’accesso alla fortezza identificate dagli archeologi: la Postierla del Matese a sud-ovest che dava il percorso alla montagna; la Porta dell’Acropoli a nord-ovest che conduceva verso Civitella di Campochiaro e Bovianum; la Porta del Tratturo ad est che permetteva il passaggio verso la pianura. La più importante dal punto di vista archeologico è forse la Postierla del Matese in quanto è uno dei documenti meglio conservati della tecnica edilizia sannitica a fini militari: era un lungo corridoio coperto e tanto stretto da permettere il passaggio di una sola persona per volta.

Con la romanizzazione della città, la popolazione preferì stabilirsi nella pianura sottostante (località Altilia) nel punto di incontro di 2 importanti assi stradali che diventeranno il decumanus maximus e il cardo maximus della città: il tratturo Pescasseroli-Candela e quello trasversale che scende dal Matese e prosegue verso le colline della piana del Tammaro. Le due direttrici non sono perfettamente perpendicolari tra loro e ciò sta a significare la preesistenza urbanistica al tracciato romano.

La città romana: Saepinium

Una prima organizzazione urbana del centro romano si ha già nel II secolo a.C., ma è in età augustea (44 a.C.-14 d.C.) che raggiunge la massima fioritura allorquando vennero costruiti o restaurati gli edifici più importanti della città (foro, basilica, macellum, terme). In quegli anni Saepinium costituisce un punto di riferimento importante per l’amministrazione del Sannio da parte dell’impero, grazie anche alla laboriosità dei suoi abitanti.

Tra il 2 a.C. e il 4 d.C. si effettua la fortificazione della città con l’innalzamento della cinta muraria, lunga 1270 metri, realizzata in opus reticulatum con calcare proveniente dal Matese. La cinta è interrotta da 4 porte monumentali alle estremità del decumano e del cardo massimi: Porta Bojano e Porta Benevento lungo il decumano e Porta Terravecchia e Porta Tammaro lungo il cardo. Inoltre, erano presenti 25 torri circolari a cadenza regolare e 2 ottagonali in posizione perfettamente speculare.

Le porte seguivano, secondo una precisa iconografia, la doppia funzione di proteggere gli abitanti e di permettere lo svolgimento delle attività daziarie. Per tali ragioni, oltre a simboliche immagini di schiavi incatenati e di divinità poste a monito dei malintenzionati e a scongiurare la malasorte, esse presentavano delle iscrizioni recanti disposizioni amministrative e un apparato atto al supporto e al censimento dei traffici. Porta Bovianum è quella meglio conservata e presenta molti dei particolari originari, tra cui le figure scolpite di due barbari, un’iscrizione imperiale dell’epoca di Marco Aurelio (121-180 d.C.) che sanciva precise disposizioni sulla tutela delle pecore e, infine, un’immagine scultorea della testa di Ercole sulla chiave di volta.

I resti dei più importanti edifici tipici della romanità sono giunti fino ai giorni nostri, ma il tema merita un approfondimento a parte in un articolo appositamente dedicato.

Raggiunto il suo massimo splendore, Sepino inizia un periodo di decadenza. Terremoti (346 d.C.) e devastazioni causate dalla guerra greco-gotica (535-553 d.C.) provocarono una forte crisi economica e demografica riflessa nell’abbandono o nel crollo degli edifici più importanti e nel restringimento dell’area abitata.

La città medievale: Castellum Sepini

Nel 677, quando il duca longobardo di Benevento Romualdo cedette il territorio ad una colonia di Bulgari di Alzecone, iniziò un periodo di ripresa per la città che durò fino al IX secolo quando incursioni saracene spinsero la popolazione ad abbandonare la pianura per le più difendibili zone montane. È in questo periodo che nasce Castellum Sepini, l’attuale Sepino. Con l’arrivo dei Normanni, nella prima metà dell’XI secolo, il territorio di Sepino, insieme con quello di Campobasso, diviene una delle baronie della Contea del Molise.

Nella scelta della località sarà decisiva la presenza di sorgenti oggi utilizzate anche per un moderno impianto termale ricco di acque tra le più salubri d’Italia.

Racchiuso da una cerchia di mura e alte torri cilindriche, il centro storico di Sepino è un piccolo gioiello di architettura medievale in cui si inseriscono sobri ed eleganti edifici del Rinascimento come palazzo Attilio.

L’intera area archeologica di Sepino, 12 ettari, è stata indagata solo in parte dagli archeologi e ciò che si è riportato in superficie è solo una piccola di ciò che rimane conservato al di sotto del terreno.

Articolo di Luigi Atzeni