Skip to content Skip to sidebar Skip to footer

Nell’architettura dell’antica Roma il criptoportico (cripto e porticus = portico sotterraneo) è un corridoio o una via di passaggio coperta. Si poteva trovare al livello del terreno o seminterrato e fungeva da supporto ad una struttura, la quale poteva essere un foro o una villa romana.

Del criptoportico di Alife scrisse già nel 1776 Gian Francesco Trutta nelle sue “Dissertazioni istoriche delle antichità alifane” segnalandone lo stato di incuria. Esso è collocato nel quarto Nord-Est della città a circa 5,90 metri di profondità ed ha una pianta ad “U”: i lati minori sono lunghi 27,50 metri, il lato maggiore è lungo 44 metri. Le 3 ali sono divise in 2 navate da una serie di 31 pilastri quadrangolari.

Il suo sviluppo planimetrico è di circa 600 mq ed è illuminato nei suoi lati a sud da 21 spiracula (lucernari tronco-piramidali a bocca di lupo) fuoriuscenti dal piano di calpestio romano.

Dalla struttura centrale si dipartono 2 cunicoli minori esplorati dal prof. A. Parisi che li identifica come ambulacri di accesso.

I pilastri sono realizzati in mattoni legati da malta gialla e sabbia locale; le volte sono in opus caementicium di malta gialla, ghiaia e ciottoli di piccole dimensioni. Le pareti sono foderate con uno strato di intonaco di colore ocra, mentre la pavimentazione si presenta in semplice terra battuta.

È uno dei monumenti romani di Alife meglio conservati, ma i suoi lunghi corridoi sono tuttavia riempiti di notevole materiale alluvionale che ne pregiudica l’apprezzamento dell’originaria e affascinante spazialità.

L’ipotesi più accreditata circa la sua funzione originaria è quella formulata dal prof. A. Parisi secondo la quale il criptoportico di Alife era il supporto di un Capitolium, il principale edificio religioso delle città romane, simbolo di Roma stessa, dedicato al culto di Giove, Giunone e Minerva.

Articolo di Luigi Atzeni